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Blocco creativo

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Scritto da Nina

aurora

Letto da Aurora

Osservo l’orologio da polso. Le lancette segnano le sette del pomeriggio. Guardandomi intorno mi accorgo che il cielo si è scurito dietro le finestre e che la stanza è precipitata nel buio. 
Torno a nascondere l’occhio nell’obiettivo della macchina fotografica e sbircio il tuo corpo nudo, mentre te ne stai sdraiata di fronte a me sul materasso, alla luce dei fari. 


Le tue forme morbide, la pelle bianca, i capelli biondi che ricadono sulle spalle, le gambe sode, i piedi affusolati e le natiche che spuntano appena dal panno bianco che ti stringi in vita. 
“Quanto ne hai ancora? Sto morendo di freddo…” dici, scossa da un brivido. Ti si forma un velo di pelle d’oca sulle braccia che non riesco a non guardare. 
“Scusa Ale, hai ragione… è che non riesco a trovare l’inquadratura giusta.” “Sì, ma è più di una settimana che non la trovi.” sbuffi mostrandomi di sfuggita il profilo. Il naso, il contorno delle labbra, il mento, sembrano disegnati con una matita. 
Deglutisco a fatica e, socchiudendo gli occhi, sento il calore dell’eccitazione risalirmi per tutta la spina dorsale. Hai ragione: da più di una settimana sono bloccata sullo stesso scatto. Cambio angolatura, cambio luci, obiettivo, ma niente… il dito resta immobile. Continuo a fissare il tuo corpo, come sotto ipnosi, e intanto il tempo scorre. 


“Ma sei sicura?” sussurri, avvolgendoti nel panno bianco. “Di cosa?” “Di volermi…” 
Sollevo gli occhi su di te, oltre la macchina fotografica, e incrocio il tuo sguardo. Occhi profondi e scuri. Sì, ne sono terribilmente sicura. Anzi, forse è l’unica cosa di cui sono davvero certa: di volere te.  
Vorrei sfiorarti, toccarti, avvolgerti, passare la lingua su ogni tassello del tuo corpo e farti tremare – non più di freddo – ma ciò che voglio più di ogni altra cosa è riuscire a fissarti sulla pellicola. Lì, immobile sulla superficie lucida. 
“Ne abbiamo già parlato.” 


Tu ti avvicini, il panno che spazza per terra come un strascico; ad ogni passo intravedo i peli del tuo pube – scuri e ricci – e i tuoi capezzoli induriti dal freddo. Mi schiarisco la gola e arrotolo i capelli intorno al dito, come faccio sempre quando sono nervosa. Continui ad avanzare verso di me. Non  credo tu abbia capito quanto ti voglio. 
“Vero… ma la mostra non sta ad aspettare te.” esclami, stringendoti nelle spalle. “Dovresti cambiare modella. Magari è colpa mia se non riesci a superare questo blocco.” 


Al solo pensiero mi si stringe lo stomaco. Sto mettendo a rischio forse la chance più importante della mia vita, ma – odio ammetterlo – non riesco ad accettare l’idea di rinunciare alle nostre sedute di posa. 
“Non dipende da te. Ho solo… (trattengo il fiato per un attimo) paura.” 
Arrossisco furiosamente. Non pensavo l’avrei ammesso di fronte a te. Però è la verità. Ho paura di non essere più abbastanza brava, di aver perso la capacità di vedere il mondo, solo perché in questo periodo mi sto mettendo in discussione su tutto. Persa in un turbine di pensieri, mi accorgo troppo tardi di quanto ti sei avvicinata. I tuoi occhi mi penetrano e il mio respiro si fa affannoso. Mi chiedi se ho paura di te. 
Forse. 
E quando mi chiedi perché, resto in silenzio. 
Tu ti avvicini ancora. Posso sentire il calore del tuo respiro, vedere le tue labbra semiaperte, le pupille dilatate. Mi afferri la mano con delicatezza e te la porti in mezzo alle gambe. Sento il calore della tua fica contro il mio palmo. 
“Non credo che dovrei. Io… ecco… non penso che mi aiuterebbe.” ma il mio corpo reagisce per me. 
Inizio ad accarezzarti, muovendo lentamente le dita in cerchio intorno al tuo clitoride.
Un sussurro di piacere ti esce dalle labbra socchiuse, gli occhi ancora fissi nei miei. Le tue dita raggiungono la zip dei miei pantaloni e si insinuano nelle mutandine.  


Scuoto la testa, ma il mio corpo – ancora una volta – parla: divarico le gambe, spingo in avanti il bacino, voglio sentire il tocco delle tue dita. Con indice e medio stringi appena il mio clitoride bagnato e gonfio. Resto senza fiato. Ogni gesto dei tuoi polpastrelli sulla mia fica è una scarica di piacere che mi attraversa la schiena fino alla punta dei capelli. 
Ti stringo a me, sento che sto iniziando a perdere il controllo. “Scopami…” (sussurrato). 
Tu mi sorridi e mi accarezzi il viso, mi passi il pollice sulle labbra. Poi fai un passo indietro e lasci cadere a terra il panno bianco, restando nuda davanti a me, nella penombra dello studio. 


Allora ti afferro la mano e ti guido verso il materasso. Sento i tuoi occhi fissi sulla mia schiena. Non c’è bisogno che ti dica altro: le tue dita mi scorrono veloci sul corpo, sfilandomi la maglietta, i jeans, le mutandine. Ora siamo nude entrambe a respirarci addosso, sotto la luce dei fari, di fronte all’obiettivo.
Se potessi scattare una foto in questo istante, forse ne verrebbe fuori il mio lavoro migliore. 
Mi rendo conto che è la paura a bloccarmi; la paura di non essere all’altezza di catturare la tua essenza. O la mia. In ogni foto manca qualcosa; manca lo spirito che vedo ora nei tuoi occhi, quella fame animale che sento anche nei miei. 


Ti bacio con foga. Mi aggrappo alla tua schiena, ai tuoi capelli, voglio entrarti dentro. Le tue mani mi scendono sulle natiche e io non resisto più, ti spingo sul materasso. Il tuo odore mi penetra con forza nelle narici. 
Sospiri forte e allunghi le labbra verso il mio seno. Uno alla volta, mi lecchi i capezzoli, li stringi piano tra i denti e io gemo su di te, mentre disegno con la lingua sul tuo collo.  


Poi allaccio le mie gambe al tuo corpo e faccio combaciare la mia fica alla tua. 
Sei così bagnata. 
Mi godo quella piccola tortura, strusciandomi su e giù contro di te, lasciandoti senza fiato, con gli occhi strizzati e un gemito stretto tra i denti. 
Mi stringi più forte, sembri volermi entrare nella carne e sento che inizi a tremare. Il tuo ansimare si fa rumoroso e convulso, getti la testa all’indietro e tutto ciò che riesco a sentire è il rumore del mio bacino contro il tuo. 


Una pioggia di brividi mi scuote il corpo, quando mi implori di non fermarmi. Sento l’eccitazione nella tua voce, il tuo viso stremato dal piacere e non riesco a contenere un orgasmo esplosivo. Trattengo un grido tra le labbra.
“Quanto sei bella…” (ansimando). 


Sento le guance prendere fuoco e resto a guardarti per un istante: sdraiata, immobile, ancora intrecciata davanti a me. Il tuo ventre soffice si alza e abbassa veloce. Respiriamo entrambe a fatica. Ti avvicini e mi accarezzi il viso ancora una volta. 


“Stai ferma lì, non ti muovere”
Con un sorriso malizioso, mi chiedi se per caso mi sia tornata l’ispirazione.
Io resto in silenzio e torno dietro la macchina fotografica. Ho ancora paura. Forse più di prima, ma riprendo a scattare. Un clic dopo l’altro. 

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