nina

Camera oscura

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Scritto da Nina

andrea

Letto da Eros

Non mi sono mai reputato una persona sensibile. Anzi, tutto il contrario. Mai commosso per un film, mai pianto per una storia finita. 
Eppure, adesso, fermo in piedi da mezz’ora davanti ad uno dei tuoi scatti di nudo, non riesco a smettere di piangere. Mi sento un idiota: il viso bollente, gli occhi gonfi, il respiro affannoso, le mani che tremano. Il cuore mi sbatte nel petto e, per un attimo, penso che sto per avere un infarto. 
Davanti a me, stampata su vetro, l’immagine di una ragazza con indosso una lunga gonna bianca che si dipinge il seno nudo. I capelli le coprono il volto. Non posso fare a meno di fissare i suoi capezzoli minuscoli e turgidi. 
Sento il pene iniziare a gonfiarsi e riempire il cavallo dei pantaloni. Mi guardo intorno, sperando che nessuno se ne sia accorto. Poi torno a guardare la ragazza che si dipinge il seno. Non è lei che mi eccita. È il modo in cui tu l’hai vista, l’essenza di lei che sei riuscita a tirare fuori… e – in un istante – capisco cosa voglio:Voglio che la gente si fermi davanti a me e goda della mia vista, che pianga, che si ecciti. Quella consapevolezza mi colpisce forte come uno schiaffo.
“Tutto bene?” 
Mi volto e incrocio il tuo sguardo. Il tuo collo è la prima cosa che vedo: lungo e sottile. Poi i capelli neri raccolti sulla nuca, le curve del seno che spuntano appena dal vestito scollato. Mi posi una mano sulla spalla. Io ti guardo, mi asciugo gli occhi con il dorso della mano in tutta fretta. 
“Sì. È solo che… è uno scatto bellissimo.” 
Mentre sorridi e mi ringrazi, penso che vorrei vederti nuda. Un desiderio istantaneo che mi irrigidisce il pene ancora di più. I jeans iniziano a farmi male e tu devi averlo notato, perché abbassi lo sguardo più volte e le guance ti diventano rosse. 
Ci vediamo per la prima volta, eppure vorrei dirti che sento una voglia inspiegabile di baciarti; è un impulso così forte che ti spingerei contro il muro qui, adesso, davanti a tutti, senza la minima vergogna; che vorrei strapparti il vestito e prendere in bocca i tuoi capezzoli (che immagino piccoli e turgidi come quelli della ragazza nella foto); che vorrei abbassarmi e immergere il viso tra le tue gambe. 
Non ho mai creduto nelle attrazioni istantanee, né tantomeno nei colpi di fulmine. Io per primo non mi riconosco. È come se, con queste foto, mi avessi permesso di entrare nella tua anima. Il tuo modo di vedere il mondo mi eccita e tutto ciò che riesco a balbettare è:
“Posso posare per te?” 
Devo sembrarti un povero scemo. Eppure sento che la presa della mano sulla mia spalla si stringe. Mi rispondi che ci devi pensare e quanto ti chiedo se puoi farlo adesso, tu scoppi a ridere.
“Come mai così tanta fretta?” mi chiedi divertita.Non te lo so spiegare. So solo che voglio finire appeso su quei muri. Mi inviti a bere una cosa e io ti seguo oltre una porta in fondo alla stanza.
La gente intorno, che passeggia tranquilla tra le sale della mostra, sembra non essersi accorta di nulla. 
Mi chiudo la porta alle spalle e la stanza piomba in una luce rossa soffusa. L’odore del liquido per lo sviluppo delle foto mi colpisce forte alle narici. Mi avvicino a te, schivando gli scatti appesi ad asciugare sopra la mia testa.
Sento il rumore dei tuoi tacchi nella penombra. Quando ti volti per porgermi una bottiglia di birra calda, sento le parole che mi scivolano fuori dalla bocca. 
“Puoi spogliarti, per favore?”
Non ci credo. L’ho detto davvero. Ora penserai che sono un maniaco. Con mia grande sorpresa, tu non ti scomponi. Mi sembra di intravedere un sorriso, nella penombra. Poi appoggi la birra sul ripiano alle tue spalle e fai cadere a terra il vestito.Rimani nuda, la pelle colorata dal rosso della camera oscura, le scarpe col tacco ancora ai piedi. Il tuo corpo è come lo avevo immaginato: asciutto, nervoso, dai seni piccoli. Mi avvicino per sfiorarli con le mani e tu sospiri, mordendoti il labbro.  Mi dici che in genere sono gli altri a spogliarsi per te, non viceversa. Io ti guardo. Non ho bisogno di dire nulla. Lascio solo scivolare le labbra sul tuo collo e ti sento rabbrividire, mentre con le dita gioco con i tuoi capezzoli. Sono sicuro che puoi sentire la mia eccitazione, sotto ai vestiti, contro la tua pancia. 
Un bacio dopo l’altro scendo sulle clavicole, accarezzo con le labbra lo sterno, l’ombelico, le cosce. Immergo il viso nella peluria scura che copre il tuo monte di Venere e respiro forte. Ha un buon odore. Ti faccio divaricare le gambe e, con la punta della lingua, ti assaggio. Sei dolce. 
Ti afferro le natiche con un gesto deciso e inizio a leccarti. Tu ti appoggi con le mani al ripiano dietro di te, inizi a gemere, con le gambe sali sulle mie spalle, mi stringi il viso tra le cosce. Sento come ti sciogli di piacere sotto la mia lingua.
Non resisto più. Ti sento gemere sempre più forte, vibrare. Mi slaccio i pantaloni e mi spoglio quel tanto che basta per prendermelo in mano. Inizio a masturbarmi, mentre sento le tue cosce stringersi su di me; con il bacino accompagni il movimento della mia lingua. 
Ansimando, mi chiedi di non fermarmi. La mia lingua si muove con più foga ancora, così come la mia mano sull’asta del mio cazzo. Sto per venire. Vorrei gridartelo, ma non voglio staccarmi da te. 
Poi ad un certo punto ti sento gemere, forte, con la testa all’indietro, le cosce che si chiudono in una morsa, quasi togliendomi il respiro, e la bocca mi si inonda del tuo piacere.
Soffoco un gemito tra le tue gambe e vengo anch’io, aggrappandomi forte con una mano al tuo corpo. 
Ci metto un po’ a riprendermi, sono frastornato, svuotato. Anche tu respiri forte. Con gli occhi socchiusi, ti sento scendere dalle mie spalle, abbassarti su di me e baciarmi. Le mie labbra umide contro le tue, morbide e calde. 
Poi inizi a rivestirti, osservandomi di tanto in tanto, mentre io rimango inginocchiato a terra, senza nemmeno la forza di sistemarmi i pantaloni. 
“Ti prego… fammi posare per te.”

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